
La Reale Accademia di Musica resta una di quelle sigle cult nel panorama rock del progressive italiano degli anni Settanta. La band, già attiva nell’area della Capitale come Fholks (aprirono i live dei Pink Floyd e di Hendrix a Roma nel 1968), fa il suo esordio in Ricordi nel 1972 con l’ottimo album omonimo prodotto da Maurizio Vandelli; seguirà due anni più tardi il lavoro in coppia con il cantautore Adriano Monteduro, quindi nel 1975 1930: Il domatore delle scimmie con Nada (occhio perché nel 1974 la RCA produsse, ma non pubblicò, La cometa, rimasto inedito fino al 2010).
Il fondatore e chitarrista del gruppo Pericle Sponzilli nel 2018 ricompose la band con altri componenti ma utilizzando il nome storico e dando alle stampe Angeli mutanti.
Il prossimo 18 novembre la Sony Music e le Edizioni Musicali MPRecords pubblicheranno il nuovo Lame di luce con una formazione costruita intorno alle composizioni di Sponzilli che, oltre a suonare la chitarra, ha scritto i testi delle canzoni; si aggiungono a lui l’esperto Fabio Liberatori alle tastiere (Stadio, Lucio Dalla nonché celeberrimo supervisor di alcune colonne sonore ai film di Verdone), Erika Savastani al canto (dal gruppo Deserto Rosso) e Fabio Fraschini al basso (Zero Assoluto) con la partecipazione esterna di Francesco Isola alla batteria e Danilo Dao al basso a sei corde (produttore dell’album insieme a Sponzilli e Liberatori). Suggestiva la copertina imperniata su un’istantanea del fotografo Gianfilippo De Rossi (si tratta una location urbana in quel di Los Angeles).
Lame di luce è un’opera che, mettendo al centro la melodia cantata, fa leva su 8 canzoni (più 2 nella versione su CD) levigate con cura attraverso la stesura di liriche dai contenuti disparati: domani apocalittici (Si parlerà), l’oriente (Ascesi al Fuji), migrazioni (Lame di luce), delicati affetti intimi (Una ferita da disinfettare e Onde di sabbia), amori occasionali (Ore lente), allucinazioni notturne (Ossessione e Due pietre preziose birmane), leggende medievali (Il cavaliere del cigno (Addio)) e bilanci di vita (Incontri).
Quanto alle ricadute stilistiche, questo disco della Reale Accademia di Musica riconferma la linea di un percorso già tracciato dal precedente Angeli mutanti: una buona e genuina canzone rock che non disdegna avvicinamenti ad un pop funkeggiante (Si parlerà) ed elettronico (il ritornello di Ore lente e la coda de Il cavaliere del cigno (Addio)) e soft rock (Onde di sabbia, Una ferita da disinfettare e Ossessione).
Per gli amanti del progressive, segnaliamo Ascesa al Fuji (l’alternanza ritmica tra 7/8 e 6/8 e la chitarra hackettiana ricordano molto i Genesis), Lame di luce (per l’uso delle timbriche del mellotron), Una ferita da disinfettare (il solo di synth allude sia ad Impressioni di settembre, sia a Firth of Fifth) e Incontri (un vero e proprio calco floydiano).
Ma la Reale Accademia di Musica ha voglia di stupirci sempre, portandoci in un mondo diverso da quello a cui siamo stati abituati, quando ripensiamo – che so? – a Vertigine o a Favola: prendiamo il brano di congedo Il cavaliere del cigno (Addio). L’impostazione vocale consente Erika Savastani di dipingere il testo di Sponzilli con adeguate gradazioni coloristiche, raggiungendo, spesso, livelli qualitativi di un’alta temperatura espressiva (ascoltandola mi ha portato alla memoria Mina), inoltre l ‘”orchestra” di sintetizzatori e sequencer dell’electro-kapellmeister Fabio Liberatori sposta l’asse della band verso altri territori di interessante sperimentazione (e mi viene da chiedere allo stesso Liberatori se queste non siano preziose briciole di quel magnifico assemblaggio asimoviano di 20 anni fa).
A conti fatti, questo ravvicinato ritorno della Reale Accademia di Musica va salutato con indubbio entusiasmo: c’è desiderio di raccontare storie e di farlo con sonorità intagliate su melodie e armonie figlie di una storia musicale in evoluzione, rispettosa del passato e data in mano ad artisti esperti mossi da una sensibilità artigianale ormai lontana dai canoni contemporanei.
(Riccardo Storti)
