OLD ROCK CITY ORCHESTRA – “Ipsilon” (M.P. & Records, 2023)

Ricevo parecchi dischi e con loro i relativi comunicati stampa, volti a offrire tutti i dettagli per potere scrivere e raccontare in maniera compiuta quanto ho tra le mani e mi arriva nelle orecchie. Per questo ci vuole tanto (giusto) tempo (da dedicare). Poi càpitano dischi come questi che hanno in sé una storia che non può lasciare indifferenti.

Mi spiego meglio: Old Rock City Orchestra. Caspita se li conosco, ma non così approfonditamente tanto che apprendo con stupore il loro batterista Michele “Mike” Capriolo se n’è andato quasi un anno fa e che questo disco (a lui dedicato) è anche la sua ultima testimonianza musicale. A quel punto “leggi” Ipsilon sotto tutta un’altra luce per cui, durante l’ascolto, è facile che l’elemento emotivo (ed emozionale) risulti la migliore guida, pur senza inficiare il cosiddetto giudizio estetico.

In più siamo al cospetto di un concept album: Ipsilon è una lettera dalla forma aperta a qualcosa di duplice (il Bene e il Male?) ma anche a due possibili percorsi di vita, accomunati da un’unica origine e un’unica fine. La ciclicità della vita; e mi viene da pensare alla ruota del Samsara ma anche a quel ragazzo che, magari, se ne sta beato in un’altra dimensione con le sue bacchette e un paio di tamburi.

Ipsilon è un album di canzoni prog che rinuncia alle suite, tanto che ogni brano non supera mai i cinque minuti; siamo di fronte, pertanto, ad un lavoro capace di fare un’oculata sintesi tra elementi talvolta apparentemente distanti tra loro.

La title track è lì ad attenderci sulla soglia, quale incipit – nonché unico brano strumentale del disco – dal carattere contrastante: scalette cromatiche e tappeti ariosi di Hammond e arpeggi di chitarra vicino a Pink Floyd e Le Orme. The Warning è un tuffo nel prog italiano degli anni Settanta (Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, Metamorfosi, Museo Rosenbach e Il Buon Vecchio Charlie) con una spruzzata ritmica dalle intenzioni swing, il tutto nobilitato dal duttile fraseggio vocale della cantante (nonché abile tastierista) Cinzia Catalucci. L’atmosfera vintage trova ulteriore espansione in Gypsy’s Prediction: le prime battute di piano elettrico Wurlitzer sono lì a testimoniarlo, il timbro canoro ricorda quello di Annie Haslam: sì, ci sono un po’ di Renaissance e un po’ di Doors ma in 5/4; occhio, però alla seconda parte che è una lunga coda strumentale orientaleggiante (siamo tra Area e Asia Minor). L’uso dei tempi composti è il salvacondotto per entrare in quell’aura prog così cara alla band orvietana: Take my hand è in 7/4 (intriganti i soli di chitarra sovrapposti) mentre Daimon è in 5/8.

Panorami cangianti, versatilità e continuo desiderio di variare il registro stilistico: sembra essere questa la caratteristica prioritaria della Old Rock City Orchestra. Preacher vive di atmosfere cupe tra Black Sabbath, Van Der Graaf Generator e Atomic Rooster (bello l’organo distorto); No Way, al di là dell’attacco prog, predilige ritmi swing-rock; The Magic Pathways si butta subito su bicordi hard alla Kansas, ma le frasi chitarristiche veloci sembrano uscire dalle dita di Steve Howe degli Yes (convincente la coda orientaleggiante su metri poliritmici); Stranger è caratterizzati da un ipnotico 3/4 fuso ad un ritornello power rock; Fly Away ci riporta a latitudini più prog fusion con soli di Moog, armonie vagamente jazz e tessiture memori degli Yes, Camel e Caravan (benché le prime note introduttive di basso mi abbiano ricordato Polaris dei Perigeo); idem dicasi per la conclusiva We’ll Be One: sembra una song dei Curved Air con un cuore da ballad acustica e un azzeccato motivo di synth dalla melodia orecchiabile  tra Impressioni di settembre, Amico di ieri e qualche cellula di Nine Feet Underground, interpolata a studiati stacchetti jazz.

Ensemble più che all’altezza del compito: dosato per dinamica il drumming del compianto Mike Capriolo, provvidenziale e indispensabile l’apporto polistrumentico di Raffaele Spanetta che, nato come chitarrista del gruppo, qui si spende con generosità tra basso e tastiere. Fiore all’occhiello la singer e tastierista Cinzia Catalucci; sulla sua versatilità vocale ce ne sarebbe da scrivere: predilige i registri alti, eppure sa lavorare su più colori visto le frequenti similitudini riscontrate con Annie Haslam, Kate Bush (Daimon) e Sonja Kristina (We’ll Be One).

(Riccardo Storti)  


Lo scorso 25 giugno 2022 ad Orvieto si è tenuto un importante memorial per ricordare il musicista Michele “Mike” Capriolo. Molti scatti di quella serata sono conservati sulla pagina Facebook della band a questo link:

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