Sanguineti improvvisamente (alla radio)

Il poeta scrittore e critico genovese Edoardo Sanguineti (Lapresse, Archivio Storico Genova, 2000)

24 marzo 1994. Una data che ricordo sempre con piacere perché coincide con il mio esame di laurea in Lettere qui a Genova, in Via Balbi 4. Savinio e la musica: un titolo che produsse un lavoro di oltre 2 anni e per il quale ebbi un relatore (e una guida) importante, il professor Edoardo Sanguineti. Sono passati quasi trent’anni.

Ieri, tornando a casa dal classico giro di commissioni del sabato, verso le 18.30, accendo l’autoradio e da Radio Tre mi arriva una voce familiare. Sì, è proprio lui: il professore. Una visita inattesa e piacevole, tanto che, una volta posteggiata l’auto in garage, ho voluto continuare l’ascolto pure sul mio smartphone. Il caso ha voluto che si trattasse di un passaggio radiofonico di Sanguineti proprio risalente al 1994 e che l’argomento del suo lungo intervento fosse la musica.

Mi affretto a linkare in fondo al mio post il podcast di RaiPlaySound, sperando che non lo facciano, prima o poi, sparire, perché si tratta della testimonianza di uno dei massimi intellettuali italiani di tutti i tempi, che racconta la propria melomania.

L’eloquio di Sanguineti “diverte” nell’accezione etimologica del verbo, nel senso che ogni sua affermazione è foriera di agganci verso altri territori della conoscenza: poco importante se tali vettori siano forieri di zapping eterogenei tra arte, spettacolo, scienza, politica e società. Sono parole che riscaldano e scaldano quanto si possa assopire tra le pieghe della nostra attuale pigrizia culturale, spesso dominata dalle notifiche e da nevrotici scrolling sul cellulare.

Così ci parla del suo amore per la classica, della scoperta clandestina del jazz e di come sia riuscito a fare apprezzare l’Amarilli di Caccini alla giovane figlia Giulia (appassionata di rock); e poi gli “inni nazionali negli incontri amorosi” (come il Concerto per violino e orchestra n. 1 di Prokof’ev o La Ciaccona di Bach dalla Partita n. 2 in re minore per violino solo, BWV 1004) e le canzonette materne. Dal privato al pubblico e lì c’è il docente, ma anche il librettista, il collaboratore di Berio, il pianista mancato dalle interpretazioni “inautentiche”. Una girandola di aneddoti mai fini a se stessi.

È stato un piacere risentirla, professore.

(Riccardo Storti)

Link al podcast della trasmissione

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