GIOVANNI BATTAGLINO – “Alla porta dei sogni” (AlfaMusic, 2019)

Un disco d’altri tempi, ma per nulla nostalgico. Prende il meglio di una certa scrittura cantautorale visionaria e la fonde a panneggi stilistici di varia estrazione, il tutto con naturale e appassionata competenza. Un po’ come accadeva negli anni Settanta, quando, spesso, la nostra canzone d’autore non si faceva scrupoli a misurarsi con altri universi espressivi al fine di offrire un prodotto capace di unire con grazia i contenuti lirici al dettato musicale.

Giovanni Battaglino, d’altra parte, non nasce ieri, ma è arrivato alla sua prima prova dopo un lunghissimo apprendistato artistico iniziato negli anni Ottanta, sviluppatosi nei decenni successivi attraverso eclettiche esperienze. Non si è fatto mancare nulla: dallo studio del canto lirico alla cover band dedicata a Fabrizio De André; dal teatro alla ricerca sul folk.

Alle porte dei sogni è un suggestivo viaggio onirico in forma canzone, reso ancora più accattivante dai salti di linguaggio operati da Battaglino, che, con scioltezza, veste le sue canzoni di jazz, World Music, bossanova e progressive.

Strano (ma vero) come il cantautore Battaglino sia comunque difficilmente avvicinabile a qualche altarino del passato, sintomo di una personalità artistica ben definita. Talvolta, un po’ per gli impasti acustici, un po’ per la magia quotidiana dei testi, mentre lo ascolto, non posso che non pensare a certe ballate firmate da Francesco Di Giacomo per il Banco del Mutuo Soccorso; non è raro imbattersi in simile sensibilità tra le righe di Carmine e Uva fragola per cogliere non poche consonanze e affinità. E, allora, mi sovviene – non a caso – pure Branduardi per il modo in cui si abbinano radici diverse, tra classicità e repertorio popolare (come accade nella title track e in Stella che non brilla con tanto di parte cantata in lingua provenzale).

Grazie anche all’ensemble di strumentisti in line-up, il progetto regge, è solido, soprattutto quando si vira in atmosfere di natura jazzistica: lo dimostrano la freschezza dell’opener Giovanni (pertinenti e piacevoli gli interventi di tromba e contrabbasso), la scanzonata Swing dello scorpione (tra Paolo Conte e Sergio Caputo), il terzinato di Lanterne magiche), il clima brasileiro di (Bossa nova per una) Fanciulla in fiore e il profumo di Pat Metheny in Madre nonché il pop sincopato di Ballare per sempre.

Battaglino sa elaborare con arguzia artigianale la sua materia, sia che si tratti di offrire ad una canzone il profilo da hit (quanto è intelligentemente radiofonica La donna al fiume?), sia che ci si cimenti in ardite forme lontane nel tempo eppure così contemporanee (l’afflato progressive di Indenne spiazza per un timbro vocale vicino tanto a De André, quanto a Francesco Bianconi).

Alle porte dei sogni è un’opera che meriterebbe maggiore visibilità, oltre la solita cortina degli addetti ai lavori e dei navigatori di nicchia: sostanza e genuinità miscelate con una padronanza di ogni mezzo creativo. Non è poco, direi… (Riccardo Storti)

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