Edmondo Romano presenta in anteprima “Religio” alla Biblioteca Universitaria di Genova

Bella l’idea di (ra)presentare in anteprima un disco in uno spazio simile.

Mi riferisco all’atrio della Biblioteca Universitaria di Genova, edificio in via Balbi 40, un tempo spazio di uno degli alberghi più lussuosi della città: Grand Hotel Colombia Excelsior, presso Palazzo Farraggiano (luogo ricchissimo di Storia, al di là dell’evento per cui lo si ricorda di più ovvero il soggiorno dei Beatles il 25 e 26 giugno del 1965).

Quanto al disco, invece, mi riferisco a Religio, ultimo lavoro del compositore e fiatista Edmondo Romano, che con questo lavoro va a concludere una trilogia solista, iniziata nel 2012 con Sonno Eliso e nel 2014 con Missive Archetipe.

Religio uscirà il 12 gennaio del 2024, ma Romano ha voluto incontrare estimatori, curiosi e amici (che lo seguono da decenni) per offrire loro una ghiotta anticipazione, in cui il musicista ha raccontato l’evoluzione del progetto e i dettagli di alcune tracce. L’ascolto è avvenuto in un suggestivo salone attiguo all’atrio della Biblioteca, in un’atmosfera di luci abbassate che, qua e là, valorizzavano la magia post-liberty della location. E, quando ci si imbatte in una performance di Romano, è sempre un’esperienza, perché il nostro, oltre ad introdurre i brani, si è prodotto anche in un dono live suonando al sax soprano per il pubblico Preghiera, estrazione personale da un canto spirituale turco che Romano attinse durante uno dei suoi numerosi “ascolti” mediterranei.

La trilogia nacque come una sorta di esplorazione umana e umanistica: se Sonno Eliso indagava sulla dualità di genere “maschile-femminile”, mentre Massive Archetipe poneva al centro la “parola” in tutte le sue manifestazioni, Religio va nel profondo della spiritualità che, al di là di qualsiasi confessione – appunto – religiosa, “lega” (Il Latino ci aiuta: “re” + “ligare”: legare insieme fortemente) gli uomini tra loro in una visione laica. La stessa copertina è emblematica: si intitola New Crowd #43; si tratta di una fotografia dell’artista lettone Misha Gordin: in essa è ritratta una marea scura di esseri umani incappucciati (forse intenti a pregare?), dalla quale ne emerge uno che sfida con i suoi occhi lo sguardo dello spettatore. È l’uomo che vuole vedere, al di là del proprio velo ideologico (perché la “religio” è anche ideologia, se non “superstizione” come ci ha insegnato Lucrezio nel De rerum natura [I, 101]).

Quanto all’impianto musicale, Religio ha in sé quell’originale e personale ricchezza orchestrale che ben spiega l’eterogeneità formativa dello stesso Romano: in prima fila i suoi fiati, vettori ideali per un giro del mondo in chiave etnofonica;  il quartetto d’archi e il piccolo ensemble corale rimandano al retroterra classico; l’accensione elettrica è rivelatore di un ampio spettro dal jazz al minimalismo elettronico attraverso non poche scorie progressive.

Fotografia di Maurizio Logiacco

I brani evidenziano uno spessore che merita di certo ulteriori approfondimenti. Che non mancheranno, appena il disco sarà disponibile; al momento, sull’onda emozionale del primo ascolto, colpiscono la strutturazione “contemporanea” di La creazione, Le tourment e Il sacrificio, la voce di Roberto Tiranti in What I Want to Be (su testo dello stesso Romano), lo sperimentalismo madrigalistico di In estasi e Nel mio andarmene e la drammaticità ritmica (assai stravinskiana) del finale L’urlo di Eliso.

(Riccardo Storti)    

New Crowd #43 di Misha Gordin

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